Possiamo infatti dire: “Dobbiamo aumentare i fondi per il contrasto alla povertà”, oppure “Attraverso i fondi per il contrasto alla povertà, è utile darsi criteri condivisi per orientarne l’uso verso l’empowerment dei cittadini”. O ancora, “Il governo spende inutilmente fondi per il contrasto alla povertà”. L’obiettivo è sempre lo stesso, il contrasto alla povertà; a cambiare però è il modo di parlarne, e di dargli così una forma. Ciò che facciamo accadere cambierà nei suoi effetti a seconda del COME costruiamo i nostri discorsi.
E ancora, pensando all’inclusione delle diversità in azienda, potremmo raccogliere discorsi tra i più disparati: “E’ un dovere, stabilito anche normativamente, includere persone con disabilità in azienda!”; oppure “Come possiamo progettare percorsi inclusivi per persone con disabilità in azienda, che ne valorizzino e potenzino le competenze?”; ma anche “Le persone con disabilità in azienda producono conflitti e appesantiscono l’efficienza dei team: meglio pensare a una loro collocazione in realtà sociali del territorio”. Anche qui, i percorsi di inclusione si concretizzano a partire dalla forma che le diamo, con il pennello che scegliamo per dipingerla.
Utilizzando gli esempi, possiamo immaginare che i modi di parlare - vale a dire il “come parliamo” - dello stesso contenuto - ovvero della “cosa di cui stiamo parlando” - producono effetti concreti e reali: potremmo concretamente continuare a lamentarci per i fondi che non sono abbastanza, o iniziare a progettare in modo condiviso l’uso di ciò che c’è. Potremmo individuare possibilità sostenibili di inclusione dentro i contesti organizzativi, o pensare che l’unico modo possibile sia rendere esterna la gestione di una persona con disabilità.
Potremmo così, ad esempio, cercare la causa del wellbeing in azienda, oppure i fattori che fanno incrementare il fenomeno dei Neet, o ancora le determinanti delle condizioni di povertà, o i motivi alla base dei comportamenti più o meno sostenibili delle persone. È questo il modo tradizionale di conoscere a cui siamo abituati, l'approccio deterministico che pratichiamo e utilizziamo per risolvere i problemi.
Spesso però tale approccio ci lascia insoddisfatti nella ricerca di risposte efficaci. Dunque, anche quando troviamo correlazioni (spesso sovrapposte o equiparate a cause), ci ritroviamo al punto di partenza, poiché talvolta, pur cambiando i fattori, il risultato non muta: concediamo lo smart working e garantiamo la flessibilità in quanto fattori correlati a maggior benessere e produttività, e accade di raccogliere ancora insoddisfazione e malessere dai lavoratori; diamo benefici e supporti economici ai cittadini, e registriamo poveri sempre più poveri e indebitati. Agire dunque sulle cause, o presunte tali, non è garanzia del risultato, quando abbiamo a che fare con “oggetti sociali”.
Il nostro modo attuale di conoscere la coesione, il benessere, la sicurezza, l’inclusione di una certa comunità utilizzando gli strumenti deterministici delle cause o dei fattori, configura queste realtà come "fenomeni" esistenti di per sé, a prescindere dai sistemi di conoscenza che le hanno generate. Considerarli invece realtà che si generano dai discorsi che la comunità pratica è la nuova strada che qui proponiamo.
Misurare l’intangibile della coesione, del benessere aziendale, della sicurezza di una comunità e della cultura dell’inclusione significa dunque poter osservare - e misurare - i modi con cui i diversi parlanti di quella comunità contribuiscono attraverso i loro discorsi a generare realtà ed effetti concreti e tangibili
link articolo e notizia: https://innovazionesociale.org/index.php/2058-misuriamo-lintangibile-la-...
per approfondire: https://www.dialogica-lab.eu/
“Misuriamo l'intangibile”. La magia del linguaggio nel generare realtà
Ma cosa significa “osservare i modi di interagire”? E, un passo prima, cosa intendiamo con l'espressione “modi di interagire”?