Uno sguardo sulla coprogettazione a partire dalle pratiche, tra visione strategica e realismo quotidiano, alla ricerca di punti di forza, criticità e soluzioni per offrire strumenti e indicazioni utili e concrete ai protagonisti delle esperienze di amministrazione condivisa.

La co-progettazione è una procedura che richiede che pubblico e terzo settore, in ragione di una comunanza di intenti, lavorino insieme per definire servizi e interventi che presuppongono una messa in comune di risorse nel rispetto delle rispettive specificità e punti di forza (Frediani, 2021). Rispetto alla classica procedura concorrenziale in cui il pubblico stabilisce obiettivi, contenuti e costi e acquista i servizi da parte di erogatori, la co-progettazione si propone come una sorta di “rivoluzione copernicana” che fa non solo proprio il principio di sussidiarietà inserito con l’art 118 in Costituzione, ma delinea anche una nuova concezione degli interventi del welfare locale. Mentre la competizione ha portato a privilegiare la scomposizione dei servizi in sottoinsiemi di prestazioni facilmente controllabili e prezzabili da parte del committente, la co-progettazione è uno strumento che si presta a essere utilizzato per affrontare problemi complessi in forza della collaborazione.

La valenza della co-progettazione, prima ancora che tecnica, è dunque eminentemente politica e tale connotazione investe direttamente il ruolo sia del pubblico, sia del terzo settore. È inevitabile che un welfare locale schiacciato su prestazioni, burocratizzazione e concorrenza dia adito a effetti non solo di riduzione dell’efficacia, ma anche di forte depauperamento dell’immagine dei servizi e degli interventi a favore della collettività. Il perimetro in cui si collocano molti enti è diventato infatti nell’immaginario collettivo spesso una sorta di campo di calcio di serie C in cui operano attori modesti e vengono giocate partite considerate poco esaltanti dall’opinione pubblica.
Questo passaggio da una dimensione tecnica e manageriale della co-progettazione verso una più politica, non sempre è stato fino a oggi ben colto e tematizzato. Sostanzialmente, esso significa che il campo di pensiero e di azione degli enti che si occupano di welfare locale diventa molto più ampio e inclusivo e permette di rilanciare una nuova stagione di protagonismo e mobilitazione nei confronti delle problematiche emergenti. Per esempio, se attraverso gli appalti i servizi rivolti agli anziani dovevano essere tendenzialmente protocollati e specializzati e restavano ancorati a un approccio riduzionistico ai problemi, con la co-progettazione il tema da affrontare può diventare una risposta ai processi di invecchiamento su un territorio oppure l’invecchiamento attivo, o la sperimentazione di forme di assistenza complesse che vanno oltre l’aggregazione funzionale degli enti erogatori di prestazioni tradizionali. Da questo punto di vista è chiaro che l’art. 55, con la sua logica di analisi partecipata dei bisogni da svolgersi nella fase propedeutica della co-programmazione e nella costruzione condivisa di interventi operativi da attuarsi in quella successiva della co-progettazione, non offre solo strumenti per un più efficace e efficiente management dei servizi a livello locale, ma rappresenta anche e soprattutto una diversa e innovativa prospettiva di politica sociale.
 
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